La casa degli sguardi

di Luca Zingaretti


Ispirato all’omonimo romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli, riadattato per il cinema con discrete variazioni, La casa degli sguardi è l’opera prima in lungometraggio di Luca Zingaretti, motivata dalle migliori intenzioni ma, come spesso accade nel nostro attuale cinema medio, niente più che corretta, prevedibile e soprattutto smussata di molti degli angoli più scomodi. Alla Festa del Cinema di Roma 2024 per la sezione Grand Public.


Da tempo il giovane Marco Tramonti annega nell’alcool e negli psicofarmaci un proprio intimo disagio, che si è acuito con la scomparsa della madre. Poeta apprezzato che ha già qualche pubblicazione alle spalle, il ragazzo non riesce però a conciliare la propria esasperata sensibilità con la realtà quotidiana, e dopo l’ennesimo incidente d’auto suo padre decide di aiutarlo trovandogli un lavoro. Marco viene dunque assunto in una cooperativa che si occupa delle pulizie presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, incontrando nuovi colleghi con i quali imbastire divertenti rapporti all’insegna della complicità e della goliardia. L’ospedale rivela però il suo lato più tragico, crocevia di destini infantili spesso dal tetro esito. Per Marco inizia una nuova esperienza di ricognizione del dolore altrui, durissima e forse formativa. [sinossi]
Il dolore altrui. Il dolore del mondo. Il fondamentale contributo formativo del lavoro. La vita come assunzione di responsabilità nei confronti dell’altro. Romanzo autobiografico (come spesso succede nella produzione letteraria di Daniele Mencarelli), La casa degli sguardi fu l’esordio in prosa dell’autore nell’anno 2018, a cui seguì nel 2020 l’ormai celeberrimo Tutto chiede salvezza, trasformatosi nel 2022 in un’omonima serie di successo su Netflix per la regia di Francesco Bruni. Per la sua opera prima in lungometraggio Luca Zingaretti ha adesso scelto questo romanzo d’esordio, nel tentativo di restituirne il furibondo cuore pulsante, veicolato da una prosa febbricitante che sembra essere messa su carta con gli occhi lucidi riga dopo riga. È la storia di un giovane dall’esasperata sensibilità, già apprezzato poeta, che tuttavia incontra seri problemi nell’affrontare la realtà e la vita quotidiana. Tutto lo colpisce, tutto lo ferisce. Per far fronte a una tale massa di disagio il giovane protagonista (nel romanzo si chiama Daniele come il suo autore; nel film si cercano vie di distanziamento emotivo, a partire dal ribattezzare il personaggio come Marco Tramonti) si è ormai dedicato da tempo ad alcool e psicofarmaci, inanellando un incidente d’auto dopo l’altro. Benché abbia poco più di vent’anni, Marco ha già un cumulo di macerie alle spalle. Le ragazze fuggono via, gli amici lo isolano ritenendolo un soggetto sull’orlo del baratro. Esporsi in pubblico diventa sempre più difficile, mentre la fobia sociale si trasforma in pane quotidiano. Dopo l’ennesimo incidente alcolico, è il padre, interpretato dallo stesso Zingaretti, a individuare per Marco una possibile via di rinascita nel lavoro. Rapidamente impiegato in una cooperativa di pulizie all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, Marco trae presto giovamento da un’attività di fatica che lo distragga dal suo cupo groviglio di pensieri ed emozioni, e conosce anche una benefica condivisione con i suoi colleghi, compagni di scherzi e di disavventure. Tra una goliardata virile e l’altra, l’ospedale infantile rivela però anche il suo volto più tragico. È un crocevia di destini di giovani vite, a volte condannate a una prematura scomparsa. C’è un bambino in particolare, ribattezzato Toctoc da Marco, che imbastisce con il ragazzo un giocoso rapporto a distanza da dietro la finestra della sua stanza d’ospedale. Per Marco l’esperienza del dolore altrui è un’ulteriore ferita che lo trafigge da parte a parte, ma è anche un’ennesima lezione di condivisione che il lavoro a poco a poco gli impartisce.

La casa degli sguardi conduce sul romanzo originario un’operazione di robusta riscrittura. Alcuni personaggi vengono rimpolpati (il padre, che pure conserva una posizione defilata; il collega Giovanni), certi episodi sono nuovi o modificati, semplificata la composizione familiare – spariscono fratello, sorella e relativi congiunti, del tutto inedito il finale, e nel tracciato narrativo le variazioni sono frequenti. La modifica più evidente riguarda la figura della madre del protagonista, viva e vegeta nel romanzo e defunta nel film. È una modifica sostanziale, che mira a motivare con un convenzionale trauma pregresso il disagio vissuto da Marco, presentato invece nel romanzo come un dato di fatto che non richiede particolari spiegazioni. Si tratta di una variazione che si allinea anche a un generale progetto di semplificazione e normalizzazione narrativa. Il romanzo di Mencarelli si mostra infatti più aspro e brutale, continuamente oscillante fra l’effusione emotiva e il furore esistenziale, aiutato in questo dalla narrazione in prima persona. Dal canto suo, il film di Zingaretti sembra voler aderire a un progetto più consueto di cinema edificante, dove alle cattive abitudini del sabato sera si sostituiscono a poco a poco figure genitoriali e fraterne incontrate grazie al nuovo lavoro. Pure l’incontro con la malattia infantile è ammorbidito e attenuato, riducendone la portata praticamente al solo rapporto a tratti lezioso fra Marco e Toctoc. Così facendo, La casa degli sguardi risulta animato dalle migliori intenzioni, ma fin troppo vittima delle buone intenzioni. Ne esce fuori un consueto prodotto medio italiano, gradevole in alcune pagine, non sempre credibile in altre, qua e là inerte, privo del coraggio necessario nell’affrontare una tale scomoda materia, srotolato secondo un andamento episodico e occasionale che talvolta disperde personaggi e situazioni. E l’angoscia di vivere, ben tangibile e pulsante pagina dopo pagina nel romanzo di Mencarelli, si riduce nel film a qualche notazione dolciastra raccolta sul volto del pur bravo attore protagonista, Gianmarco Franchini, già visto di recente in Adagio (Stefano Sollima, 2023).

Considerando la viva materia, traboccante di dolore, che emana dal romanzo originario, l’opera prima di Luca Zingaretti risulta insomma un compitino quasi intimidito dalla sua umiltà e caratterizzato da un respiro decisamente corto, che si direbbe voluto e ricercato. Pregi e difetti appaiono disegnati sul medesimo orizzonte. Alla misuratezza di Zingaretti attore, che tratteggia il padre con qualche rapida e sapiente pennellata, risponde l’intenzione di tenersi lontani da qualsiasi eccesso di messinscena. Eppure, in un percorso di vita così esemplare da farsi platealmente didattico, nella scoperta, anche, del dolore che i propri comportamenti possono infliggere agli altri (la trascuratezza nei confronti del collega Luciano, che pure avrebbe tanto bisogno di un buon amico), finisce per mancare il vero alito dell’esistenza umana. Tutto è perfetto e prevedibile, anche la redenzione, benché si debba riconoscere che La casa degli sguardi sceglie comunque toni smorzati e non necessariamente univoci – sul finale, probabilmente Marco è cambiato, ma non è dato sapere. E la poesia, principale forza catartica e redentrice, resta fuori dalla porta. (Quinlan)

Data

Apr 10 - 14 2025
Expired!

Ora

8:00 - 18:00

Luogo

C'entro - Supercinema Santarcangelo
Santarcangelo di Romagna

Organizzatore

Supercinema Santarcangelo
Telefono
3317357720 (WhatsApp)

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